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Francisco De Zurbarán | Vita e pittura


Francisco Zurbarán (1598-1664), fu l'artista barocco che meglio seppe rappresentare la religiosità controriformista della Chiesa spagnola del 17° secolo.
Profondamente religioso, Zurbarán rimase personalità singolare ed appartata.
Nella sua vasta produzione di soggetti sacri, le figure assurgono a simboli di intensa spiritualità (dipinti per il convento di S. Pablo el Real di Siviglia, commissionatigli nel 1626, ora sparsi in chiese e musei della città; serie delle sante, 1639-45, in vari musei europei).
Nella fase finale della sua attività si dedicò alla natura morta, che rese in modi estremamente moderni.


Vita ed Opere

Studiò pittura a Siviglia. Nel 1616 firmò un'Immacolata (Bilbao, coll. Valdés), e nello stesso periodo strinse amicizia con Velázquez entrando in dimestichezza con gli ambienti raffinati della città: ma mentre Velázquez divenne il pittore di corte della Spagna del sec. 17º, Z. fu il pittore dello spirito religioso e della Chiesa.
Nel 1617, sposatosi, andò ad abitare a Llerena, dove risiedette fino al 1628, continuando ad avere tuttavia contatti con l'ambiente sivigliano, come testimonia la commissione (1626) dei dipinti per il convento di San Pablo el Real (ora parrocchiale de la Magdalena); dei ventuno dipinti commissionatigli ne rimangono due nella chiesa della Magdalena (Guarigione del beato Reginaldo d'Orléans ed Apparizione della Vergine al monaco di Soriano), tre nel Museo provincial de bellas artes di Siviglia (S. Ambrogio, S. Gerolamo, S. Gregorio) e uno (Cristo crocifisso) nell'Art Institute di Chicago.

Queste prime opere rivelano, nelle caratteristiche costanti di porre le figure in primo piano, di strutturare lo spazio pittorico secondo direttrici ortogonali e più spesso diagonali, nell'uso del contrasto fra luci e ombre che contribuisce a isolare le figure dal contesto ambientale, le sue complesse componenti culturali, che vanno dalla pittura gotica (angolosità e incisività del panneggio), all'arte dei manieristi fiamminghi attivi a Siviglia intorno al 1550 (Campaña, Sturm), e in parte all'incipiente realismo barocco di Mohedano, Sanchez Cotán, Vázquez, Pachedo.


Invitato dalla città di Siviglia nel 1628 a stabilire lì la sua residenza, Z. vi si trasferì con la sua famiglia (la seconda moglie e i figli) ed otto aiutanti per fare fronte alle numerosissime commissioni affidategli soprattutto da ordini monastici: contribuì con quattro tele alla decorazione del collegio di San Buenaventura, inizialmente affidata a Herrera il Vecchio (Visita di s. Tommaso a s. Bonaventura, conservata nei Musei di Berlino e distrutta durante un bombardamento nel 1945; S. Bonaventura in preghiera, Dresda, Gemäldgalerie; S. Bonaventura al Concilio di Lione e Funerali di s. Bonaventura, Parigi, Louvre; tutte datate 1629).
Sempre nel 1629 il convento della Trinidad Calzada gli commissionò un retablo di cui rimangono soltanto una Natività della Vergine (Los Angeles, Princeton University) e una Vergine bambina con i santi Gioacchino e Anna (Firenze, coll. priv.).


Per la Merced Calzada, oltre al ciclo delle storie di s. Pietro Nolasco, fondatore dell'ordine (in parte conservate al Prado) e a una serie di ritratti di monaci mercedari/"mercedari (in parte a Siviglia, Museo provincial, in parte a Madrid, Academia de San Fernardo, ecc.), Z. dipinse il Beato Serapione (Hartford, Wadsworth Atheneum), una delle sue opere più intense.
Ancora lavorò per il Colegio de Santo Tomás (1631; Apoteosi di s. Tommaso d'Aquino, Siviglia, Museo provincial), per il collegio di San Alberto (1630-33) e sempre a questo periodo intensissimo appartengono la serie degli apostoli (Lisbona, Museu nacional de arte antiga), i dipinti per Nuestra Señora de las Cuevas a Triana (Madonna dei certosini e S. Ugo al refettorio dei Certosini, Siviglia, Museo provincial), il retablo della cattedrale di Siviglia.

Nel 1634, chiamato a Madrid per collaborare alla decorazione del Buen Retiro sotto la guida di Velázquez, realizzò le sue uniche opere a carattere profano (Fatiche di Ercole e Difesa di Cadice conservate al Prado, oltre alla perduta Liberazione dell'isola di S. Martino).
Il soggiorno madrileno, con la possibilità di studiare nelle collezioni reali soprattutto la pittura fiamminga e quella veneta, contribuì ad arricchire e rendere più articolata la pittura di Z., come testimoniano il ciclo per la certosa di Jerez (1638-39, musei di Grenoble e di Cadice), e quello per il monastero dei gerosolimitani di Guadalupe (1638-39).


Rimasto nuovamente vedovo nel 1639, si risposò l'anno dopo, ma entrò in un periodo di crisi profonda che i biografi non sanno se attribuire a ragioni interiori, a malattie, o al fatto che era intanto sorto sulla scena artistica spagnola l'astro di Murillo; questa crisi si riflesse nella pittura dell'artista, la sua attività si fece scarsa (per la gran parte si tratta di commissioni da istituti religiosi del Nuovo Mondo) e nelle ultime opere si nota uno sforzo di avvicinarsi ai modi di Murillo (Sacra Famiglia; Immacolata, Budapest, Museo; ecc.).

Tra il 1640-1650 Z. eseguì molte opere per conventi e chiese del Nuovo Mondo.
Nel 1658 era a Madrid, ma sebbene Velázquez lo aiutasse ad avere onori a corte, ciò non contribuì a farlo uscire dal suo isolamento.
Isolata è d'altronde, nella storia della pittura, la sua opera: artista profondamente religioso, le sue figure son chiuse in sé stesse, irraggiungibili, non ritratti ma simboli (cfr. la serie di sante del 1639-45, sparse in vari musei d'Europa e d'America: nonostante lo sfarzo delle sete, la ricchezza dei colori e dei contrasti e l'ambientazione profana, il peso della loro realtà interiore supera ogni esteriorità e ne fa immagini di spiritualità intensa).

Moderne sono la sua concezione della natura morta, che si risolve in una ricerca di volumi, ottenuti isolando e raggruppando gli oggetti (si vedano i pani ed il vasellame nel S. Ugo al refettorio di Triana, la mela cotogna e il libro sulla finestra nel ritratto del padre González de Illescas, nel ciclo di Guadalupe, la Natura morta, 1633, Pasadena, Norton Simon Museum, già nella coll. Contini Bonacossi), e la sensibilità con cui coglie i particolari della vita quotidiana (Maria bambina, 1631 circa, New York, Metropolitan Museum, e San Pietroburgo, Ermitage).
Il figlio Juan (Llerena 1620 - Siviglia 1649) sembra si sia dedicato soprattutto alla natura morta. | © Treccani




















Francisco de Zurbarán, major painter of the Spanish Baroque who is especially noted for religious subjects.
His work is characterized by Caravaggesque naturalism and tenebrism, the latter a style in which most forms are depicted in shadow but a few are dramatically lighted.



Zurbarán was apprenticed 1614-16 to Pedro Díaz de Villanueva in Sevilla (Seville), where he spent the greater part of his life. No works by his master have survived, but Zurbarán’s earliest known painting, an Immaculate Conception (1616), suggests that he was schooled in the same naturalistic style as his contemporary Diego Velázquez.
From 1617-1628 he was living in Llerena, near his birthplace; then he returned to Sevilla, where he settled at the invitation of the city corporation. In 1634 he visited Madrid and was commissioned by Philip IV to paint a series of Labours of Hercules and two scenes of the Defense of Cádiz, which formed part of the decoration of the Hall of Realms in the Buen Retiro palace.

The Adoration of the Kings, from a series painted for the Carthusian monastery at Jerez, is signed with the title “Painter to the King” and dated 1638, the year in which Zurbarán decorated a ceremonial ship presented to the king by the city of Sevilla.
The paintings for the Buen Retiro are the only royal commissions and the only mythological or historical subjects by Zurbarán that are known. His contact with the court had little effect on his artistic evolution; he remained throughout his life a provincial artist and was par excellence a painter of religious life. In 1658 Zurbarán moved to Madrid.




Zurbarán’s personal style was already formed in Sevilla by 1629, and its development was probably stimulated by the early works of Velázquez and by the works of José de Ribera**. It was a style that lent itself well to portraiture and still life, but it found its most characteristic expression in his religious subjects. Indeed Zurbarán uses naturalism more convincingly than other exponents for the expression of intense religious devotion.
His apostles, saints, and monks are painted with almost sculptural modeling and with an emphasis on the minutiae of their dress that gives verisimilitude to their miracles, visions, and ecstasies. This distinctive combination of realism and religious sensibility conforms to the Counter-Reformation guidelines for artists outlined by the Council of Trent (1545-63).

Zurbarán’s art was popular with monastic orders in Sevilla and the neighbouring provinces, and he received commissions for many large cycles. Of these, only the legends of St. Jerome and of the Hieronymite monks (1638-39) that decorate the chapel and sacristy of the Hieronymite monastery at Guadalupe have remained in situ. Little is known of his production in the 1640s apart from an altarpiece at Zafra (1643-44) and records of a large number of paintings destined for Lima, Peru (1647).

By 1658 both the style and the content of Zurbarán’s paintings had undergone a change that can be attributed to the influence of Bartolomé Esteban Murillo**. In his late devotional pictures, such as Holy Family and Immaculate Conception (1659 and 1661, respectively), the figures have become more idealized and less solid in form, and their expression of religious emotion is marred by sentimentality. Zurbarán had several followers whose works have been confused with his. | © Encyclopædia Britannica, Inc.