Orazio Lomi Gentileschi (1563-1639) non fu un pedissequo riproduttore delle novità caravaggesche; la sua pittura sviluppò infatti una versione autonoma della pittura del lombardo, fondendo nella sua opera le luminosità e le forme michelangiolesche del manierismo toscano con quelle del naturalismo romano-lombardo di Caravaggio.
Tuttavia i biografi del tempo non citano mai Orazio Gentileschi come uno dei seguaci del Merisi, seppur fu di fatto uno dei primi assieme a Giovanni Baglione.
Fino all'incontro con Caravaggio le opere risentivano ancora di un manierismo tardo cinquecentesco tipico toscano.
Con la conoscenza della pittura del Merisi cambia completamente lo stile di Orazio.
Le due versioni del 1600-1603 del San Francesco sorretto (una a Boston e l'altra a Madrid) testimoniano questo cambio di rotta, da un tardomanierismo di impianto toscano ad un naturalismo dove la pittura ed i modelli sono questa volta ripresi dal vero, redatte attraverso una luce morbida sotto la spinta della luminosità caravaggesca.
La tecnica pittorica differisce, ovviamente, da quella del maestro lombardo, mentre questi non faceva uso del disegno, Orazio invece, da buon toscano, usava tracciare la composizione da dipingere prima di colorare le figure in essa presenti.
Dalle testimonianze di persone vicine al pittore, depositate in occasione della querela intentata dal Baglione, escono fuori alcuni nomi di donne che avrebbero posato per il pittore durante alcuni dipinti, identificati dai critici con le varie Madonne col Bambino realizzate tra il 1604 e il 1609.
Queste erano persone molto vicine ad Orazio, la lavandaia Margherita è identificabile con la tela del 1604 circa oggi alla Galleria nazionale di palazzo Corsini a Roma, mentre Costanza Ceuli e suo figlio di appena pochi mesi, sarebbero stati ritratti nelle due tele, di cui la prima oggi in collezione privata e la seconda al Museo nazionale di Bucarest.
Vi erano poi anche altri personaggi della Roma umile e popolare del secolo che facevano da modelli per Orazio, il più delle volte ricompensati con pochi soldi o con vitto e alloggio, come tal Giovan Pietro Molli, il barbiere Bernardio Franchi, e altro.
Il Molli figura viene raffigurato nelle due tele del San Girolamo (una oggi a Torino e l'altra a in collezione Koelliker a Milano, entrambe del 1611 circa), per poi ricomparire dieci anni dopo anche nel Sacrificio di Isacco della Galleria Spinola di Genova.
Secondo altre testimonianze addirittura la figlia Artemisia avrebbe posato nuda per la realizzazione di alcune Cleopatre, o per alcune impersonificazioni della Giuditta.
Non si sa se questa fu solo un'illazione utile a screditare l'immagine di Artemisia in occasione della discussione in tribunale sul suo stupro o meno, tuttavia che Orazio facesse posare donne reali nude per i suoi dipinti su Cleopatre o su Danae è vero, e tutto ciò destava molto scalpore nella Roma dei primi anni del Seicento.
Con le tre redazioni del San Francesco e la tela della Santa Cecilia e i santi Tiburzio e Valeriano compare un elemento che sarà distintivo nello stile artistico di Orazio, ossia l'angelo con le ali aperte, figura particolarmente preziosa per stile e tecnica, che diverrà modello anche per altri pittori successivi e contemporanei.
Sembra che il tirocinio di Orazio fosse stato molto lungo, tant'è che la sua pittura era concepita in maniera molto lenta e metodica.
Per le opere più complesse utilizzava cartoni preparatori, come ad esempio per i cicli delle Muse per il casino Borghese.
Una prima svolta stilista il pittore la ebbe con le opere a cavallo tra le commesse Savelli e il periodo marchigiano, in particolare con la Suonatrice di liuto di Washington, grazie alla quale già nel 1674 il biografo Raffaele Soprani disse di Orazio che la sua nuova maniera era «gradita in Roma non solo: desiderata non poco in ogni città d'Italia».
La donna viene ritratta nel dipinto dal reale e ciò ne è prova il fatto che la stessa compare in altre composizioni coeve, probabilmente facenti parte sempre della collezione Savelli in quanto alcune di queste riprendenti soggetti musicali, tema di gusto per il committente, come la Madonna col Bambino del Fogg Museum di Cambridge, la Santa Cecilia alla spinetta della Galleria nazionale dell'Umbria, come la Maddalena ai piedi del Cristo nella Crocifissione di Fabriano o come la Madonna nella tela col Bambino e santa Francesca Romana per la Galleria nazionale delle Marche, nella quale in quest'ultima si scova la poetica correggesca raggiunta dal Gentileschi.
Con l'arrivo a Genova si giunge a una seconda maturità, quindi ad una coerenza pittorica frutto solo di lungo studio, che tuttavia sembra interminabile, perché capace di assorbire i vari stili che nel corso della sua attività il pittore incontra.
In questi anni Orazio riesce a fondere il suo personale naturalismo intrecciato ai primordiali influssi tardomanieristici con lo stile aristocratico e raffinato della pittura fiamminga seicentesca.
L'ocra risulta tra i suoi colori più usati e che più contraddistinguono il suo stile, in particolare per esaltare il prestigio delle stoffe dipinte, altro particolare che diventa una peculiarità artistica di Orazio.