Sheldon Museum of Art | Edward Hopper observed the everyday lives of city dwellers in much of his work.
In the important canvases painted between 1926 and 1932, he made use of single figures and couples to create a sense of thoughtful reticence and solitude.
Eschewing the picturesque and the literal, Hopper’s pictures remain unexplained, without narrative, instead invoking a hermetically sealed world of emotion.
In 1935 the artist remarked that the idea for Room in New York "was suggested by glimpses of lighted interiors seen as I walked along the city streets at night".
Edward Hopper | Room in New York, 1932 | Sheldon Museum of Art
Perhaps the most famous painting in Sheldon’s collection, Room in New York was purchased shortly after it was completed; the university justified the acquisition by presciently predicting that that Hopper would "undoubtedly be regarded as [a] leader among American artists in future years". | Source: © Sheldon Museum of Art
Room in New York è un dipinto olio su tela del 1932 di Edward Hopper che ritrae due individui in un appartamento di New York City.
Attualmente è nella collezione dello Sheldon Museum of Art.
Il dipinto si sarebbe ispirato agli scorci di interni illuminati visti dall'artista nei pressi del quartiere in cui viveva in Washington Square.
La scena di una stanza molto illuminata è contenuta all'interno del davanzale scuro di una finestra.
L'inquadratura netta rende la stanza l'obiettivo principale, attirando l'attenzione e conferendo realtà all'azione di sbirciare in uno spazio in cui i soggetti non sono consapevoli di essere osservati.
La genuinità dello spionaggio è un prodotto del processo artistico di Hopper.
Ha ammesso che l'ispirazione per Room in New York è venuta da "scorci di interni illuminati visti mentre camminavo per le strade della città di notte".
Nonostante la qualità istantanea della scena, in realtà non è una finestra o un momento in particolare in cui Hopper ha guardato, ma piuttosto il culmine di molte narrazioni diverse che ha visto mentre vagava per New York City.
L'atto di scrutare dà allo spettatore la sensazione che ciò che viene visto sia del tutto reale e non filtrato; "le figure egocentriche non sanno della sua presenza; in caso contrario, sarebbero imbarazzati, sorpresi o comunque a disagio".
Le linee dure ei blocchi di colore che incorniciano la scena non solo dividono lo spazio tra spettatore e soggetto, ma dividono anche lo spazio all'interno della stanza stessa.
Hopper posiziona una porta quasi esattamente al centro per dividere l'opera in due metà distinte orizzontalmente, isolando l'uomo e la donna nei rispettivi lati.
Mentre l'uomo legge il giornale, la sua controparte suona il piano dandogli le spalle.
Blocchi di colore delineano lo spazio e suggeriscono una mancanza di movimento.
Lo storico dell'arte e studioso Jean Gillies sostiene che meno dettagli lo spettatore deve guardare, più lentamente l'occhio si muoverà attraverso l'opera.
L'idea nasce dall'idea che quando si osserva un'opera d'arte, l'occhio salta da un dettaglio all'altro per percepire l'insieme.
Riducendo il numero di elementi, Hopper crea una scena in movimento lento od addirittura immobile. | Source: © British Wikipedia