Nato a Brescia, Angelo Inganni (1807-1880) apprese le basi dell'arte dal padre Giovanni e dal fratello maggiore Francesco, con i quali lavorò fin da giovane alle decorazioni ad affresco.
Distintosi durante il servizio militare come disegnatore e ritrattista, fu notato dal maresciallo Radetzky che lo fece ammettere all'Accademia di Belle Arti di Brera nel 1833.
L'opera che presentò regolarmente alle esposizioni di Brera dal 1834-1859 costituisce una vasta serie di vedute urbane di Milano che catturano tutti i dettagli della sua architettura e includono somiglianze di persone reali.
Questo nuovo approccio alla pittura prospettica si rivelò un grande successo sia presso il pubblico che presso la critica, come dimostrano numerose commissioni prestigiose, tra cui quella dell'imperatore austriaco nel 1839.
Inganni espose vedute di varie città italiane in esposizioni nazionali e internazionali.
Fu negli anni Cinquanta dell'Ottocento, soprattutto dopo il suo ritorno a Brescia, che iniziò a produrre opere di genere di ispirazione fiamminga con nuovi soggetti tratti dalla vita rurale e significativi effetti di luce.
Affrescò le chiese di San Marco e San Carlo a Milano e la chiesa parrocchiale di Gussago.
Nel 1856, tre anni dopo la morte della sua prima moglie, sposò la sua allieva e modella di lunga data, Amanzia Guérillot, che era di ventuno anni più giovane di lui.
Si stabilirono nei pressi di Gussago e spesso collaborarono a tele e lavori decorativi di piccole dimensioni.
Morì lì nel 1880.
Nella sua attenzione alla realtà, sa cogliere anche luminosità notturne, giornate gelide invernali, scenette nella strada.