Il rapporto tra i due geni del Rinascimento, Leonardo e Michelangelo Buonarroti, fu difficile, spesso teso, a causa della differenza generazionale (Michelangelo era di 23 anni più giovane di Leonardo), ma soprattutto, per via dei caratteri diversi e degli ideali artistici inconciliabilmente lontani: il primo fu riflessivo, poliedrico e interessato al mondo naturale; il secondo più impulsivo, notoriamente riottoso e idealista.
Non vi sono prove dirette della loro inimicizia, ma svariati indizi e testimonianze indirette.
Nel Trattato della pittura, ad esempio, Leonardo condannò gli "eccessi anatomici e la retorica muscolare" che fanno parte dello stile michelangiolesco e dei suoi seguaci, pur senza mai citare direttamente il rivale.
L'Anonimo Gaddiano li ricorda in una novella, in cui i due artisti, presso piazza Santa Trinita, si incontrarono e Michelangelo, sprezzante e polemico, incalzò Leonardo circa l'interpretazione di un verso dantesco, oggetto della discussione. La reticenza di Leonardo nell'accettare la provocazione generò l'ira di Michelangelo, che lo dileggiò circa il fallito progetto del cavallo di bronzo terminando: "et che t'era che creduto da que' caponi de' Milanesi?".
Le incomprensioni e la rivalità dovettero accendersi anche durante la doppia commissione ufficiale in Palazzo Vecchio, ma le fonti tacciono al riguardo, forse per la mancata attuazione del progetto.
Prima di partire da Firenze ci fu un altro episodio che riguardò i due: Michelangelo aveva completato il suo David e gli artisti fiorentini furono chiamati in commissione a decidere per la collocazione della statua in piazza della Signoria, il 25 gennaio 1504.
Tra Sandro Botticelli, Andrea della Robbia, Simone del Pollaiolo, Filippino Lippi, il Perugino, Lorenzo di Credi, Giuliano e Antonio da Sangallo, Leonardo prese la parola per consigliare, seguendo un'idea di Giuliano, una posizione defilata per la statua, nella Loggia della Signoria, a ridosso della parete breve incorniciata magari da una nicchia "in modo che non guasti le cerimonie delli ufficiali".
La sua presa di posizione, che provocò evidentemente la contrarietà del Buonarroti, ebbe un seguito minoritario, prevalendo infine l'ipotesi di Filippino Lippi, per una collocazione di massimo risalto all'aperto, dominante e autorevole davanti a Palazzo Vecchio, l'edificio più importante della città, nonché cuore nevralgico della politica e della vita sociale fiorentina.